Giovanni Bandiera

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Venerdì, 26 Apr 2024

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Giovanni Bandiera

Giovanni Bandiera

 

Curriculum Vitae

 

ISTRUZIONE

  •  1974:  Laurea in Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Roma, voto 110 e lode
  •  1979:  Specializzazione in Chirurgia Generale, Università degli Studi di Roma, massimo dei voti con lode
  •  1982:  Specializzazione in CardioAngioChirurgia, Università degli Studi di Roma , massimo dei voti con lode
  •  1987:  Specializzazione in Chirurgia Vascolare, Università degli Studi di Palermo, massimo dei voti con lode

 

ESPERIENZE PROFESSIONALI

  • Luglio 1974 – Ottobre 1981:  Medico Interno con compiti Assistenziali (MIUCA), e successivamente Ricercatore Confermato presso la I^ Clinica Chirurgica dell’Università  La Sapienza di Roma.
  • Novembre 1981  –  Maggio 1987:   Assistente di Chirurgia Vascolare presso l’Istituto Dermopatico dell’Immacolata (IRCCS) di Roma
  • Giugno 1987  –  Aprile 1996:   Aiuto Tempo Pieno di Chirurgia Vascolare presso l’Istituto Dermopatico dell’Immacolata (IRCCS) di Roma
  • Dal Maggio 1996 :  Primario di Chirurgia Vascolare presso l’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico IDI di Roma


  • 1983: Medical Observer (MO) presso la Division de Chirurgie Vasculaire dell’Ospedale Broussais, Parigi
  • 1985: Medical Observer (MO) presso la Vascular Surgery Unit della New York University, New York
  • 1986: Medical Observer (MO) presso la Vascular Surgery Unit del St. Mary Hospital, Londra

 

INCARICHI PROFESSIONALI

  • Anni Accademici 2000-2002: Docente di “Chirurgia endovascolare dell’area aorto-iliaca” presso la Scuola di Specializzazione in Chirurgia Vascolare dell’Università Tor Vergata di Roma.
  • Anni Accademici 2002-2010: Docente di “Trattamento endovascolare degli aneurismi dell’aorta” presso la Scuola di Specializzazione in Chirurgia Vascolare dell’Università Tor Vergata di Roma.

 

SOCIETA’ SCIENTIFICHE

  • Dal 1/1/2000 al 31/12/2002 Membro del Consiglio Direttivo e Responsabile del Comitato per i Rapporti con il Ministero della Salute della Società Italiana di Chirurgia Vascolare ed Endovascolare (SICVE)
  • Membro della Società Italiana di Chirurgia Vascolare ed Endovascolare (SICVE)
  • Membro della European Society of Vascular Surgery (ESVS)
  • Membro della Associazione Chirurghi Ospedalieri Italiani (ACOI)
  • Membro della International Union of Angiology (IUA)
  • 2002-2004: Membro del Consiglio di Presidenza e Responsabile del Comitato per i Rapporti Istituzionali del Collegio Italiano dei Primari di Chirurgia Vascolare.
  • Dal 7/2005 al 7/2008: Coordinatore nazionale ACOI per la Chirurgia Vascolare.

 

ATTIVITA’ SCIENTIFICA

  • Autore di oltre 150 pubblicazioni scientifiche su Riviste Nazionali e Internazionali
  • Presente in qualità di Relatore, Moderatore, Chairman, Discussant, Membro del Comitato Scientifico, etc. in oltre 200 Congressi Nazionali e Internazionali
  • Direttore scientifico e Capo Redattore dal 1986 al 1991 della Rivista Medico-Scientifica “Il Nuovo Giornale di Medicina”, ESR Editore
  • Presidente e Organizzatore del Congresso Internazionale di Chirurgia Vascolare “La Chirurgia Vascolare alle Soglie del Duemila”, Roma 1999
  • Membro del Comitato Tecnico-Scientifico dell’IRCCS – IDI
  • Referente SICVE della Commissione di Studio per le Linee-Guida in “Antibioticoprofilassi in Chirurgia” dell’Istituto Superiore di Sanità.

 

ATTIVITA’ PROFESSIONALE

Fin dall’inizio del suo Incarico a Primario di una  Divisione di Chirurgia Vascolare Ospedaliera  (maggio 1996) ha intrapreso e sviluppato una serie di percorsi clinici e di ricerca in diversi settori della patologia e chirurgia vascolare.    Particolare attenzione è stata rivolta alle più moderne tecniche di chirurgia endovascolare e, specificatamente, a:
terapia endovascolare degli aneurismi della aorta addominale e delle arterie iliache, con utilizzo di endoprotesi modulari costantemente aggiornate.
Terapia endovascolare (PTA, stents, endoprotesi, aterectomia meccanica, crio- e laser- assistita) delle lesioni steno-ostruttive o dilatative delle arterie periferiche e renali.
Terapia endovascolare delle lesioni stenosanti dei tronchi sopra-aortici con l’utilizzo delle più moderne tecniche di protezione cerebrale.

 

Dal maggio 1996, nella Divisione di Chirurgia Vascolare dell’IRCCS IDI diretta dal Prof. Bandiera, sono stati ricoverati e trattati oltre 14.000 pazienti affetti da arteriopatie o flebopatie di interesse chirurgico.
Dal 1 gennaio 2013 il Prof. Bandiera si è dimesso dal suo incarico primariale presso l'IDI ed esercita esclusivamente in regime libero professionale.

URL Sito:

Consigli per i pazienti

Martedì 11 Gennaio 2011 15:22 Pubblicato in Aneurisma

Per quanto riguarda i portatori di Aneurisma dell'Aorta addominale, di piccole dimensioni (inferiori a 5 cm di diamero) e quindi non trattabili dal punto di vista chirurgico o endovascolare, valgono le stesse norme che riguardano la malattia aterosclerotica in generale e che riportiamo più oltre. Peraltro è necessario che il paziente si sottoponga a frequenti controlli clinici e strumentali (visita specialistica ed eco-color-Doppler) al fine di monitorizzare l'evoluzione dell'aneurisma. 
Fondamentale inoltre il controllo frequente della Pressione Arteriosa, che deve essere mantenuta la più bassa possibile.

Prevenzione e stile di vita

Le regole della dieta per scongiurare l'arteriosclerosi e le sue temibili conseguenze sono le stesse che valgono per l'ipercolesterolemia, l’ipertrigliceridemia, l’iperglicemia.
Eccole in sintesi:
- contenere il peso corporeo entro valori ragionevoli e secondo età, sesso, attività fisica e lavorativa;
- limitare l'apporto alimentare di grassi saturi (burro, salumi e insaccati, frattaglie), di carni grasse e di condimenti di origine animale (ricordando che il livello di assunzione raccomandato di colesterolo al giorno per un soggetto adulto sano è solo di 300 mg e 1 bistecca di carne di bovino del peso di 100 g ne contiene circa 70-75 mg);
- abituarsi a utilizzare i condimenti a crudo privilegiando la scelta per l'olio extravergine di oliva;
- limitare il consumo di latte intero e derivati fermentati (formaggi e latticini);
- aumentare il consumo settimanale di pesce;
- aumentare il consumo quotidiano di ortaggi e verdure freschi e di alimenti contenenti fibre e scorie;
- limitare il consumo delle uova a 1-2 la settimana;
- contenere l'uso del sale da cucina;
- evitare fritture e cotture elaborate e prolungate a temperature elevate;

Una dieta corretta rappresenta, perciò, il modo migliore per tenere sotto controllo il colesterolo, i trigliceridi, la glicemia e la pressione del sangue. Sfortunatamente non possiamo fare niente per modificare la nostra familiarità, l'età ed il sesso, ma molto si può fare per cambiare il nostro modo di vivere: le persone che non fumano, fanno attività fisica, mantengono il peso ideale, tengono sotto controllo la pressione, il tasso di colesterolo nel sangue e la glicemia, hanno un numero molto minore d'eventi cardiovascolari sfavorevoli.

Smettere di fumare riduce rapidamente il rischio d'infarto o ictus o ischemia periferica.
- Dopo un anno dall'interruzione del vizio del fumo il rischio è uguale a quello di chi non ha mai fumato.
- Fare attività fisica lo riduce del 45%
- mantenere un peso-forma del 55%.
- Abbassare il colesterolo fa calare il rischio d'eventi vascolari del 2% per ogni punto di colesterolo in meno. Le raccomandazioni nazionali sono di tenerlo sotto i 200 mg/dl.

Quindi…..

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Trattamento medico

Martedì 11 Gennaio 2011 15:21 Pubblicato in Aneurisma

Si può prendere in considerazione l’ipotesi di non operare il paziente portatore di aneurisma dell'aorta addominale esclusivamente in alcune situazioni, cioè soltanto se: l’aneurisma è di piccolo calibro (minore di 4-5 cm di diametro), il paziente è asintomatico e ad altissimo rischio per intervento, sia chirurgico che endovascolare, o presenta una scarsa spettanza di vita (malato terminale, neoplasie, ecc.).
In tali casi si dovrà procedere a uno stretto controllo (eliminazione) dei fattori di rischio e a una attenta sorveglianza clinica ed ecografica periodica (max ogni 6 mesi).
Il rischio di rottura e la conseguente necessità di riparazione dipende dalle dimensioni dell’aneurisma: se di grandi dimensioni (oltre 5,0 cm di diametro), probabilmente è più opportuno sottoporsi all’intervento chirurgico che non soprassedere, per proteggere l’aorta dalla rottura.
In presenza di aneurismi di dimensioni più ridotte è importante una costante osservazione e si ripetono in genere le indagini ad intervalli di 6 - 12 mesi, per controllare che non aumentino di dimensioni, diventando pericolosi. Se la media dell’accrescimento si aggira intorno a 0,5 cm l’anno, l'intervento chirurgico può essere necessario in una fase successiva.
Il Chirurgo vascolare specialista è in grado di dare ai pazienti chiare spiegazioni riguardo alle diverse opzioni nei singoli casi.

Trattamento endovascolare

Martedì 11 Gennaio 2011 15:21 Pubblicato in Aneurisma

Le indicazioni all’impiego della tecnica endovascolare (esclusione dell’aneurisma e impianto di endoprotesi) prevedono alcuni precisi requisiti: l’aneurisma deve essere sottorenale, confinato alle iliache comuni (o, al massimo, a una iliaca esterna); il colletto sottorenale non deve essere molto angolato e deve essere adeguato per diametro (<30mm), per lunghezza (>10mm), senza estesa trombosi o calcificazione parietale;  gli assi iliaco-femorali devono essere pervi, senza stenosi complesse, senza marcate tortuosità, senza estreme calcificazioni; deve infine esistere la possibilità di mantenere la pervietà di almeno una iliaca interna.

Perchè devo sottopormi all’intervento chirurgico-endovascolare?

Non tutti gli aneurismi richiedono l’intervento chirurgico. Il rischio di rottura e la conseguente necessità di riparazione dipende dalle dimensioni dell’aneurisma: se di grandi dimensioni (oltre 5,0 cm di diametro), probabilmente è più opportuno sottoporsi all’intervento  che non soprassedere, per proteggere l’aorta dalla rottura.
In presenza di aneurismi di dimensioni più ridotte è importante una costante osservazione e si ripetono in genere le indagini ad intervalli di 6 - 12 mesi, per controllare che non aumentino di dimensioni, diventando pericolosi. Se la media dell’accrescimento si aggira intorno a 0,5 cm l’anno, l’intervento  può essere necessario in una fase successiva. Il chirurgo vascolare specialista è in grado di dare ai pazienti chiare spiegazioni riguardo alle diverse opzioni nei singoli casi, valutando di volta in volta la possibilità di un intervento chirurgico "tradizionale" o endovascolare.

Che cosa comporta l’intervento chirurgico-endovascolare?

L’intervento comporta l’inserimento nell’aorta di un nuovo rivestimento (come la camera d’aria di un pneumatico) fabbricato in un materiale plastico molto resistente. Questo nuovo rivestimento viene introdotto nell’aorta attraverso le arterie femorali mediante due piccole incisioni inguinali.  I tempi dell’atto operatorio consistono in due incisioni inguinali o punture transcutanee femorali. Successivamente sotto Rx-scopia, un catetere contenente l’endoprotesi viene guidato lungo l’asse iliaco verso l’aorta, dove, all’interno dell’aneurisma, viene rilasciata la protesi che ha dei sistemi (stent, uncini,…) alla estremità prossimale, che ne assicurano l’ancoraggio all’interno dell’aorta.

Prima dell’intervento chirurgico

Il ricovero in ospedale avverrà in genere uno-due giorni prima dell’intervento  per effettuare gli esami necessari e per verifi care l’idoneità all’intervento endovascolare. Fra questi esami, se non sono stati già effettuati, saranno probabilmente inclusi gli esami del sangue, le ecografie addominali, la TC con mezzo di contrasto e, raramente, le radiografie delle arterie (arteriogrammi).

L’intervento chirurgico
All’inizio il paziente viene portato in una zona di attesa della sala operatoria, quindi nella sala dell’anestesia, dove viene effettuata l’anestesia, per poi essere portato in sala operatoria. Il paziente potrà ricevere un’anestesia generale, che lo farà addormentare, oppure un’anestesia locale o spinale, che gli permetterà di rimanere sveglio/a durante l’intervento senza sentire alcun dolore. Potranno essere inoltre inseriti dei tubicini nella vescica per eliminare le urine, in un’arteria nel braccio per misurare la pressione sanguigna e in una vena del braccio o del collo per la somministrazione di fluidi durante e dopo la chirurgia. Nella sala operatoria sarà eseguito un taglio a livello di entrambi gli inguini.
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L’aorta, e in particolare l’area aneurismatica, sarà sostituita da un tubo artifi ciale di materiale plastico, come illustrato nelle figure
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Il medico introduce la protesi (tubo) nell’aorta attraverso le due incisioni inguinali. La protesi viene introdotta inserendo un filo guida di acciaio inossidabile attraverso ciascuna incisione inguinale nell’arteria e verso l’alto dentro l’arteria fi no all’aorta (Figura 4). La protesi viene poi introdotta sui fili guida e aperta poi nell’aorta (Figura 5). Grazie alla sua costruzione, la protesi aderisce alla parete interna dell’arteria. Quando la protesi è in posizione e l’aneurisma è stato "escluso", il chirurgo sutura le incisioni inguinali (Figura 6). L’intervento viene visualizzato per mezzo di raggi X per consentire al chirurgo di vedere la protesi all’interno dell’aorta.
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Il ritorno a casa
Se i punti di sutura della ferita cutanea sono riassorbibili, non è necessario rimuoverli. In caso contrario la loro rimozione avverrà dopo circa 7-10 giorni. Il Paziente per·diverse settimane dopo l’intervento il paziente si sentirà affaticato, ma progressivamente, con il tempo, questa sensazione migliora. Nelle settimane successive all’operazione è consigliabile fare regolarmente attività fisica, ad esempio brevi passeggiate alternate ad un po’ di riposo, finché non si riesce pian piano a tornare alle normali attività.
Guidare: Sarà sicuro mettersi alla guida quando si sarà in grado di effettuare una fermata di emergenza. Questo in genere avviene a distanza di almeno 4 settimane dall’intervento; in caso di dubbio, il paziente deve chiedere il parere del medico.
Fare il bagno: Sarà possibile riprendere a fare il bagno o la doccia, come di consueto, una volta che la ferita sarà asciutta.
Attività lavorativa: Il paziente sarà in grado di tornare a lavoro entro 1-3 mesi dall’intervento. In caso di dubbio, chiedere il parere del medico.
Pesi: Il paziente dovrà evitare di sollevare pesi o di fare sforzi nelle 6 settimane successive all’intervento.

Alla dimissione viene prescritta in genere ai pazienti una dose ridotta di aspirina, se la terapia non era già in corso, per rendere il sangue più fluido. Qualora l’aspirina non sia tollerata, potrà essere prescritto un altro farmaco.

Complicanze
Come nel caso di qualsiasi intervento chirurgico, possono potenzialmente verificarsi complicanze durante e dopo l’intervento. È normale sentire un leggero disturbo e fitte di dolore alle ferite inguinali dopo l’intervento; a volte, tuttavia, le ferite si infettano e in genere possono essere trattate con successo con antibiotici. Le ferite inguinali possono inoltre riempirsi di liquido (chiamato linfa) che può uscire tra i punti, ma questo in genere si risolve col tempo.
Per rilevare la presenza di complicanze post-chirurgiche, è importante che il paziente si presenti agli appuntamenti regolari di controllo programmati dal medico. In genere nel primo anno dopo l’intervento vengono programmati con regolarità diversi appuntamenti di controllo; poi i controlli diventano ad intervalli annuali. Oltre ad un esame clinico fisico, questi controlli possono includere ecografie, radiografie e TC per controllare il corretto funzionamento e posizionamento della protesi endovascolare.

Considerazioni: Chirurgia tradizionale o endovascolare?
E’ indubbio che il trattamento endovascolare presenti una serie di vantaggi nei confronti della chirurgia tradizionale. Questi si possono riassumere fondamentalmente in:
- Minimo rischio rispetto all'intervento classico condotto in anestesia generale;
- Riduzione dell’insorgenza delle complicanze più gravi:
         - Infarto del miocardio
         - Aritmia
         - Insufficienza cardiaca congestizia
         - Emorragia durante l’intervento chirurgico
         - Periodo più breve di degenza ospedaliera, solitamente di due-tre giorni.

Se tuttavia un intervento a minor rischio può comportare maggiore possibilità di infezioni e di trombosi della protesi, maggiori complicanze a distanza e minore durabilità, con il rischio di dovere successivamente rimuovere l’endoprotesi e dover procedere ad un intervento tradizionale, ciò comporta per il paziente un rischio notevolmente maggiore.
Nella decisione terapeutica nei confronti di un paziente portatore di un aneurisma dell’aorta addominale bisogna sempre tenere in considerazione quattro Variabili legate alla storia naturale dell’aneurisma:
-         Spettanza di vita del paziente, incluse le co-morbidità;
-         Rischio di rottura dell’Aneurisma;
-         Tasso di crescita dell’Aneurisma;
-         Rischio di mortalità associata alla procedura chirurgica o endovascolare.
Il bilancio ponderato, legato all’esperienza del chirurgo vascolare e alla conoscenza delle diverse possibilità tecniche e decisionali, rimane sempre l’unica strada da percorrere.

Trattamento medico

Martedì 11 Gennaio 2011 15:08 Pubblicato in Le Vene Varicose

Quali sono i trattamenti per le vene varicose?
Nella maggior parte dei casi, le vene varicose non necessitano di una terapia particolare.
Sotto il profilo medico, la ragione principale che porta al trattamento sono le alterazioni cutanee (che possono provocare eczemi, ulcere o sanguinamento), presenti soltanto in un numero ridotto delle persone che soffrono di questa malattia. Il trattamento è consigliabile anche nei casi in cui le vene varicose sono accompagnate da un leggero dolore o da altri sintomi.
I metodi di trattamento non chirurgico principali sono due: bendaggio elastocompressivo, e assunzione di farmaci.
È sempre importante prendere in considerazione scrupolosamente i pro e i contro prima di decidere il trattamento più adatto. Può essere utile parlarne con il medico di famiglia o con uno specialista chirurgo vascolare, con i propri familiari, ma anche con amici che si sono già sottoposti a una delle terapie.
Nei soggetti sovrappeso i problemi legati alle vene varicose sono più gravi: se è il vostro caso, è consigliabile iniziare una dieta o chiedere al vostro medico come perdere peso. Questo aspetto non cambia per nessuna delle tipologie di trattamento prese in considerazione.


Bendaggio elastocompressivo
Si tratta di bende o calze di contenimento, efficaci nell’alleviare i sintomi di dolore e pesantezza provocati dalle vene varicose. Si trovano
comunemente nei negozi di articoli sanitari o in farmacia. Ancora più efficaci sono le calze graduate, di lunghezza variabile – sopra o sotto il ginocchio – con tre livelli di compressione (alla classe 1 appartengono le calze leggermente più comprimenti delle normali calze elastiche; i medici prescrivono in genere quelle della classe 2 ai pazienti con problemi di vene; quelle della classe 3 offrono un livello di compressione molto elevato, per i casi particolarmente problematici).
Le calze graduate, se indossate regolarmente tutti i giorni,· devono essere sostituite ogni quattro-sei mesi.


Trattamento farmacologico
Nel trattamento delle vene varicose·i farmaci e gli integratori alimentari contenenti flavonoidi·possono·rappresentare·un ausilio importante. Possono essere utili nel controllo della sintomatologia dolorosa, riducono il senso di pesantezza e di tensione che i pazienti con varici degli arti inferiori avvertono, specie verso la fine della giornata. Sono efficaci nella riduzione del gonfiore alle gambe (edema degli arti inferiori) soprattutto se presi in associazione alla terapa elastocompressiva con calze e o bende elastiche. Sono efficaci soprattutto nelle prime fasi della malattia varicosa. I farmaci e le sostanze maggiormente utilizzati nella cura delle vene varicose sono i derivati dei flavonoidi In Italia sono commercializzati oltre un centinaio di specialità farmaceutiche ed Integratori Alimentari che possono essere utilizzate nel trattamento delle vene varicose. Si tratta di preparati sottoforma di compresse, capsule, pomate, unguenti, creme, applicazioni spray, gel. Nella maggior parte di casi si tratta di sostanze di origine vegetale dette flavonoidi. Si tratta di sostanze appartenenti alla categoria dei benzopironi e presenti nella frutta fresca (ananas, agrumi, kiwi principalmente) o estratti vegetali di piante medicinali quali l'ippocastano, il ruscus, la vite, la centella asiatica, il mirtillo. Non tutte sono di documentata efficacia e in molti casi il risultato terapeutico non è garantito.· Dal punto di vista scientifico solo alcune sostanze sono dotate di comprovata attività terapeutica, sono correntemente utilizzate dai medici e presentano una efficacia confermata da ricerche cliniche.· In molti casi i preparati in commercio, specie se di origine erboristica, contengono principi attivi efficaci ma in quantità molto modesta ben al di sotto dei limiti considerati efficaci dalla farmacopea ufficiale.La terapia con flebotonici abitualmente va assunta per 6-8 settimane ed è più efficace se accanto alla cura farmacologia viene prescritta una idonea terapia elastocompressiva con calze elastiche della I^ o della II^ classe.

Trattamento medico

Martedì 11 Gennaio 2011 14:56 Pubblicato in Ischemia Cerebrale

La prevenzione dell'ischemia cerebrale si basa sulla correzione dei fattori di rischio, sull'uso di pochi farmaci, sulla chirurgia vascolare. Le lesioni arteriosclerotiche gravi delle carotidi devono essere trattate chirurgicamente.  Esistono attualmente tecniche chirurgiche "mini-invasive" (angioplastica + stenting per via endovascolare), limitate però a casi selezionati.

Qual è il trattamento?
Ogni giorno molte persone vengono colpite da ictus o da sintomi premonitori (mini stroke o attacchi ischemici transitori). Questi sono i pazienti a maggior rischio di sviluppare un secondo episodio, a volte più grave. A tutti i soggetti più a rischio vengono date indicazioni per ridurre il pericolo di altri episodi (ad esempio smettere di fumare) e vengono prescritte terapie mediche, che generalmente comprendono il trattamento dell’ipertensione, del diabete, dell’ipercolesterolemia e della malattia cardiovascolare. Di solito viene anche prescritta l’aspirina.
Il trattamento del paziente varia a seconda dei risultati delle indagini strumentali e degli esami clinici. I fumatori dovrebbero smettere
completamente di fumare. L’ipertensione, l’ipercolesterolemia o l’iperglicemia spesso migliorano con un’alimentazione più sana, ma talvolta possono essere necessarie anche terapie farmacologiche. Per fluidifi care il sangue, può essere prescritta l’aspirina, che riduce del 25% il rischio di ictus o di attacco cardiaco. Il dosaggio è ridotto e generalmente non provoca disturbi gastrici.

Trattamento chirurgico

Lunedì 03 Gennaio 2011 21:59 Pubblicato in Aneurisma

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      Aneurisma dell'Aorta Addominale (intraoperatorio)



Perché devo sottopormi all’intervento chirurgico?
Perché l’arteria principale dell’addome (aorta) ha ceduto e si è indebolita (aneurisma). L’operazione consiste nella riparazione della parte dilatata in modo da evitarne la rottura. Non tutti gli aneurismi richiedono l’intervento chirurgico. Il rischio di rottura e la conseguente necessità di riparazione dipende dalle dimensioni dell’aneurisma: se di grandi dimensioni (oltre 5,0 cm di diametro), probabilmente è più opportuno sottoporsi all’intervento· che non soprassedere, per proteggere l’aorta dalla rottura.
In presenza di aneurismi di dimensioni più ridotte è importante una costante osservazione e si ripetono in genere le indagini ad intervalli di 6 - 12 mesi, per controllare che non aumentino di dimensioni, diventando pericolosi. Se la media dell’accrescimento si aggira intorno a 0,5 cm l’anno, l’intervento· può essere necessario in una fase successiva.
Il chirurgo vascolare specialista è in grado di dare ai pazienti chiare spiegazioni riguardo alle diverse opzioni nei singoli casi, valutando di volta in volta la possibilità di un intervento chirurgico "tradizionale" o endovascolare.

Che cosa comporta l’intervento chirurgico?
L’attuale trattamento chirurgico comporta l’inserimento di una protesi all’interno dell’aorta (come la camera d’aria in un pneumatico), fatto di un materiale plastico molto resistente, il poliestere, che può durare 20 anni o più. L’operazione viene effettuata attraverso l’apertura dell’addome.

La chirurgia è risolutiva?
Se gli aneurismi vengono riparati prima della rottura, la possibilità di successo della riparazione e di ritornare ad una aspettativa di vita normale generalmente è alta. Tuttavia, è opportuno discutere i rischi dell’operazione del proprio caso con il chirurgo.

Prima dell’intervento chirurgico
Il paziente viene generalmente ricoverato uno o due giorni prima dell’intervento chirurgico, per effettuare gli esami necessari e verifi care che sia idoneo all’intervento. I vari esami potranno includere diagnostica per immagini dell’addome o arteriografia, se non precedentemente effettuati.
A volte possono rendersi necessarie particolari indagini al cuore per verificarne la regolare funzionalità.

L’intervento chirurgico
All’inizio il paziente viene portato in una zona di attesa della sala operatoria quindi nella sala dell’anestesia, dove viene effettuata l’anestesia, per poi essere portato in sala operatoria. Una volta addormentato il paziente, talvolta si procede al posizionamento di un catetere a livello lombare (epidurale) che aiuta a ridurre il dolore dopo l’intervento chirurgico.
Se la patologia è più grave, l’aneurisma può estendersi fino a coinvolgere le arterie iliache, come mostrano le figure sottostanti.
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Il ritorno a casa

Se i punti di sutura della ferita cutanea sono riassorbibili, non è necessario rimuoverli. In caso contrario la loro rimozione avverrà dopo circa 7-10 giorni. Il Paziente per diverse settimane dopo l’intervento il paziente si sentirà affaticato, ma progressivamente, con il tempo, questa sensazione migliora. Nelle settimane successive all’operazione è consigliabile fare regolarmente attività fisica, ad esempio brevi passeggiate alternate ad un po’ di riposo, finché non si riesce pian piano a tornare alle normali attività.
Guidare: Sarà sicuro mettersi alla guida quando si sarà in grado di effettuare una fermata di emergenza. Questo in genere avviene a distanza di almeno 4 settimane dall’intervento; in caso di dubbio, il paziente deve chiedere il parere del medico.
Fare il bagno: Sarà possibile riprendere a fare il bagno o la doccia, come di consueto, una volta che la ferita sarà asciutta.
Attività lavorativa: Il paziente sarà in grado di tornare a lavoro entro 1-3 mesi dall’intervento. In caso di dubbio, chiedere il parere del medico.
Pesi: Il paziente dovrà evitare di sollevare pesi o di fare sforzi nelle 6 settimane successive all’intervento.

Alla dimissione viene prescritta in genere ai pazienti una dose ridotta di aspirina, se la terapia non era già in corso, per rendere il sangue più fluido. Qualora l’aspirina non sia tollerata, potrà essere prescritto un altro farmaco.

Complicanze
A seguito di questo tipo di intervento, possono manifestarsi infezioni polmonari, soprattutto nei pazienti fumatori, con la necessità di un trattamento antibiotico e fisioterapico. È normale sentire un certo disagio e delle fitte di dolore alla ferita per alcune settimane dopo l’operazione; a volte le ferite possono infettarsi e in questi casi si ricorre alla terapia antibiotica. Nelle ferite inguinali può inoltre accumularsi un liquido, la linfa, che trasuda dai punti, ma di solito questo effetto cessa dopo un po’ di tempo.
Come per tutti gli interventi importanti, come questo, vi è un rischio molto ridotto di complicazioni, ad esempio di infarto miocardico.
In alcuni casi la funzionalità intestinale riprende lentamente: ci vuole pazienza.
Potrà essere compromessa l’attività sessuale a causa dei nervi addominali recisi durante l’intervento.

Che cosa posso fare?

Se il paziente era un fumatore, deve fare un autentico e deciso sforzo per smettere del tutto. Continuando a fumare, infatti, le arterie subiscono un
ulteriore danno ed è più facile che sia compromesso il funzionamento della protesi.
Sono importanti anche le norme generali di tutela della propria salute, come perdere peso, seguire una alimentazione povera di grassi e svolgere regolarmente attività fisica.

Diagnosi

Lunedì 03 Gennaio 2011 21:54 Pubblicato in Aneurisma

Come viene rilevato l’aneurisma dell’aorta addominale?

In alcuni pazienti l’aneurisma viene diagnosticato casualmente nel corso di accertamenti effettuati per altre patologie o di ecografie eseguite per motivi diversi (ad esempio per disturbi renali, o prostatici, o calcolosi biliare).
La presentazione clinica del paziente con aneurisma aortico è diversa a seconda della localizzazione della lesione. Nella maggioranza dei casi (in circa il 75%) l’aneurisma dell’aorta addominale è asintomatico. Può essere presente dolore addominale e/o dorsale quando l’aneurisma è in fase di rapida espansione, dà compressione su strutture circostanti o è complicato da rottura. L’aneurisma asintomatico può essere rilevato occasionalmente nel corso di esame fisico o dal paziente stesso, in seguito a indagine radiologica o ecografica su altri sistemi o addirittura durante una laparotomia.
All’esame fisico molto spesso si rileva una massa addominale profonda pulsante, con consistenza teso-elastica, talora dolorabile. La pulsatilità è diretta e asincrona con il polso. La massa può essere mediana, però più spesso è lateralizzata a sinistra, eccezionalmente a destra. L’aneurisma può non essere rilevabile alla palpazione se di piccolo diametro, se è trombizzato o se il paziente è obeso.
Qualora vi sia il sospetto di aneurisma, il medico di famiglia invia il paziente ad uno specialista in chirurgia vascolare per un consulto. Il medico di famiglia o lo specialista prescrivono un esame ultrasonografico dell’addome, un’indagine indolore, che dura pochi minuti e non necessita di ricovero. Viene effettuata per verificare se l’aneurisma è presente e per misurarne le esatte dimensioni.

 

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a) Aorta normale b) Aneurisma dell'Aorta addominale

  

 Le indagini diagnostiche utili nel caso di aneurisma dell’aorta addominale sono:
1)   La radiografia dell’addome, che permette di evidenziare il profilo di un aneurisma con pareti calcificate. Tale indagine oggi non è da ritenersi di uso corrente. Tuttavia non va ignorata la sua importanza: nel paziente sottoposto a tale esame per vari motivi il rilievo dei reperti descritti consente di formulate la diagnosi di aneurisma e quindi di procedere con indagini più appropriate.
2) L’ecografia è l’indagine di primo approccio per la sua semplicità, rapidità e ripetibilità, oltre che la sua accuratezza diagnostica. Attraverso scansioni longitudinali e trasversali consente di formulare la diagnosi di aneurisma con accuratezza diagnostica prossima al 100% e di definire i diametri dell’aneurisma, la presenza nel lume di trombosi parietali e/o endocavitarie e i limiti superiore e inferiore con buona approssimazione. Tale esame peraltro non sempre è affidabile nella definizione dei limiti dell’aneurisma e nello studio dei rapporti con l’origine delle arterie renali.
3) La tomografia assiale computerizzata (TAC) che permette di mettere in evidenza l’aneurisma e rilevare l’eventuale presenza di trombi: indagine altamente affidabile anche per la valutazione dei diametri, la definizione dei limiti e dei rapporti con le strutture circostanti oltre che per la diagnosi di rottura dell’aneurisma. Particolare interesse ha la tomografìa assiale con tecnica spirale, che consente la ricostruzione tridimensionale dell’aneurisma.
4) L’arteriografia non viene impiegata per la diagnosi della malattia. Infatti essa visualizza solo il lume e, se questo è occupato da trombi, può indurre erroneamente a ritenere il diametro più piccolo di quello reale o addirittura dare un falso negativo.  Essa trova impiego fondamentalmente per esplorare alcuni particolari aspetti, utili in alcuni casi per la strategia terapeutica da adottare.
5) La risonanza magnetica (RM)è indagine dì recente introduzione nella diagnostica delle vasculopatie ed è molto valida per accuratezza diagnostica e spettro dì dati che può fornire.

Chi è a rischio?

Sono notoriamente a rischio soggetti di sesso maschile di età superiore a 60 anni o più giovani, con familiarità per patologia aneurismatica (fratello, padre), nonché gli uomini con altre arteriopatie (angina, arteriosclerosi, ipertensione).

Trattamento chirurgico

Lunedì 03 Gennaio 2011 21:27 Pubblicato in Le Vene Varicose

Come si svolge l’intervento chirurgico di vene varicose?
A monte della vena grande safena (safena interna) viene fatta un’incisione, la vena viene isolata nel punto in cui confluisce nel sistema venoso profondo (vena femorale) a livello della regione inguinale. L’incisione viene poi chiusa con i punti, che rimangono nel tessuto sottocutaneo.
La grande safena viene comunemente asportata per sfilamento (“stripping”) passando un filo all’interno, che viene fatto scorrere dall’alto in basso fino alla zona immediatamente a monte o a valle del ginocchio, o alla caviglia (malleolo interno). In questo modo si evita il riformarsi delle varici.
Una volta asportata la safena, il sangue continua a fluire verso l’alto attraverso gli altri molteplici vasi venosi della gamba.
Le vene varicose, mappate prima dell’operazione, vengono asportate attraverso piccole incisioni sul tessuto cutaneo, richiuse poi con i punti o con piccoli cerotti.
Può essere opportuno trattare altre vene sottocutanee con importanti connessioni con le vene profonde: questo richiede talvolta indagini particolari prima dell’operazione e sarà cura del medico spiegare la procedura al paziente.

Qual è il periodo di attesa per l’intervento di vene varicose?

Ai chirurghi non piace fare attendere i pazienti per periodi lunghi, ma devono comunque basarsi sulle priorità delle condizioni sotto il profilo medico: chi presenta una sintomatologia più grave, come alterazioni cutanee o ulcere, ha la priorità sui pazienti soltanto con problemi di dolore o estetici.

Quali sono gli aspetti legati all’anestesia?

L’anestesia è uno dei pensieri principali di tutti i pazienti: molti hanno la sensazione di mettere in mano ad un’altra persona il controllo della propria vita. Questa preoccupazione è comprensibile, tuttavia gli anestetici di oggi sono molto sicuri e le complicazioni gravi sono rare. L’operazione viene condotta generalmente in anestesia locoregionale e dura circa un’ora.

In caso di intervento, quanto tempo dura il ricovero in ospedale?
La durata del ricovero dipende dal fatto che l’intervento venga effettuato o meno in regime di day-hospital.
Day-hospital
Se il paziente viene ritenuto in condizioni mediche adatte e a casa può contare sull’aiuto di altri, è possibile che l’intervento venga effettuato in day-hospital, soprattutto se la gamba da operare è soltanto una. Il day-hospital prevede che il paziente venga dimesso il giorno stesso dell’intervento.
Ricovero
Se il medico ritiene preferibile una permanenza più prolungata nella struttura sanitaria, il ricovero avviene in genere il giorno precedente all’intervento chirurgico e la dimissione il giorno dopo.

La fase post-operatoria è molto dolorosa?
Nella fase post-operatoria, il dolore è molto soggettivo, ma nella maggior parte dei casi si tratta soltanto di un disturbo lieve.
Il disagio nel mettersi in piedi e nel deambulare è maggiore quando sono state operate tutte e due le gambe, rispetto ai casi in cui il trattamento è da una parte sola. In entrambi i casi, al paziente viene consentito di alzarsi e camminare il giorno stesso dell’intervento, una volta sufficientemente diminuiti gli effetti dell’anestesia.

Come sono le ferite?
Di frequente, la zona al di sotto della ferita inguinale rimane sensibile per alcuni giorni, con ispessimento dei tessuti per qualche settimana. In altre zone della gamba possono rimanere anche delle zone nodulari ipersensibili, provocate da coaguli sanguigni nel tessuto sottocutaneo, presenti nei punti in cui sono state asportate le vene. Non sono pericolose e scompaiono gradualmente, pur necessitando di alcune settimane di tempo.

Sulle gambe si formano dei lividi?

Spesso, dopo gli interventi di vene varicose, sulle gambe si formano degli ematomi, talvolta piuttosto estesi, che permangono per un mese o anche più. In particolare questi possono presentarsi nella parte interna della coscia, anche dove non vi è stata alcuna incisione: questo avviene perché in quest’aerea è stata asportata la safena interna che rappresenta la vena principale nella zona sottocutanea.

Quali sono le indicazioni sul bendaggio e sulle calze di contenimento?
Se il medico prescrive le calze di contenimento per i giorni successivi all’operazione, il paziente dovrà indossarle sempre; se non sono tollerate è possibile toglierle per la notte, prima di andare a letto, per poi rimetterle la mattina. Infatti, le calze servono prevalentemente per sostenere la gamba quando la persona è in posizione eretta. È importante farsi dire con precisione dal medico per quanto tempo devono essere portate, in genere per circa venti giorni dopo l’intervento.

Quanto si può camminare?

Il paziente potrà ricominciare a camminare subito dopo l’intervento appena si sente in grado di farlo. Alzarsi talvolta è un po’ fastidioso, in particolare dal lato dell’inguine operato. Tutta la gamba può essere irrigidita e ipersensibile al tatto in alcune parti. Camminando non si rischia di danneggiare le ferite. Se necessario si possono assumere antidolorifici. Nella prima settimanail paziente dovrebbe cercare di far qualche passo ogni mezzora circa, durante il giorno. Per molti questo corrisponde semplicemente a ricominciare la propria attività quotidiana, il più rapidamente possibile.  Quando il paziente è fermo, ad esempio quando è sul divano o a letto, il piede dovrebbe essere tenuto sollevato.

Quando si ritorna alla normalità in tutto e per tutto?

Questo dipende moltissimo da persona a persona, dalle dimensioni delle vene varicose e di conseguenza dall’entità dell’operazione. In particolare, la
differenza sta nel fatto di essere stati sottoposti ad intervento ad una gamba o a tutte e due,  comunque non oltre le due-tre settimane dall'intervento.

Quando è possibile riprendere a guidare?
Sarà sicuro mettersi alla guida quando si sarà in grado di effettuare una fermata di emergenza senza avvertire dolore (di solito entro sette-dieci giorni).

Quando è possibile riprendere la normale attività lavorativa e sportiva?

Le normali attività, sia lavorativa che sportiva, potranno essere riprese non appena il paziente se la sente. Se il lavoro comporta periodi prolungati di
tempo in piedi o alla guida, è opportuno prendere in considerazione una convalescenza di almeno due settimane.
È consigliabile evitare sport violenti con le calze di compressione o il bendaggio; quando non si usano più, è opportuno iniziare gradualmente un po’ di esercizio piuttosto che tornare immediatamente all’attività agonistica. Non praticare il nuoto finché si devono tenere le calze contenitive e fino a quando tutte le ferite non siano asciutte.

Quali problemi si possono presentare dopo l’intervento chirurgico?
Dopo gli interventi per vene varicose raramente le complicazioni sono gravi. Di solito è presente un limitato ematoma, mentre raramente tutta la
gamba è piena di lividi. Gli ematomi si presentano nei primi giorni successivi all’operazione e scompaiono nel giro di qualche settimana.
1. Nelle prime settimane dopo l’intervento è normale sentire dolore, fitte e zone ipersensibili nelle gambe, che andranno pian piano a scomparire e non devono scoraggiare a riprendere al più presto le normali attività.
2. Sono frequenti zone ipersensibili con grumi nel tessuto sottocutaneo, provocati da coaguli di sangue che si formano nei punti in cui sono state asportate le vene. Non sono pericolosi e l’organismo li riassorbe gradualmente nel giro di alcuni mesi. In qualche occasione possono essere piuttosto dolorosi nelle prime due settimane o anche più a lungo.
3. Le infezioni sono uno dei problemi occasionali (al di sotto del 5%), soprattutto nelle ferite inguinali. Di solito si risolvono con il trattamento antibiotico. Se la ferita è stata suturata con un punto nella zona sottocutanea, potrebbe essere necessario rimuoverlo per far passare l’infezione. Se si forma un ascesso è necessario intervenire nuovamente per drenare la ferita, con medicazioni regolari fi no alla guarigione.
4. Di rado può verificarsi accumulo di un liquido chiaro (la linfa) che appare come un grumo a livello inguinale (o nel polpaccio). In genere si risolve
senza trattamento. Qualche volta il liquido linfatico trasuda dalla ferita, e l’effetto cessa soltanto dopo qualche giorno o qualche settimana.
5. Le complicazioni delle ferite inguinali sono più frequenti nelle persone obese e nei pazienti con pregressa chirurgia inguinale.
6. All’inizio le cicatrici sulle gambe saranno evidenti, ma diventeranno sempre meno visibili dopo alcuni mesi. In alcuni rari casi, si formano piccole
zone cutanee con una pigmentazione scura nel punto in cui le vene sono state asportate oppure possono comparire dei piccoli capillari nelle aree adiacenti: si tratta di effetti rari e imprevedibili.
7. Nel rimuovere le vene varicose del tessuto sottocutaneo, possono essere danneggiati i nervi di quella zona. Si tratta di un evento raro (che si
presenta, a vari livelli, nel 10-15% dei casi), ma che provoca una zona di intorpidimento della gamba, pur risolvendosi o diminuendo dopo alcune
settimane o mesi. Meno frequenti, ma possibili, sono i danni nervosi che determinano intorpidimento o dolore permanente (meno di 1%).
Nell’asportazione delle vene varicose del piede è particolarmente pericoloso lesionare piccoli nervi. Se viene danneggiato un nervo lungo una delle vene sottocutanee più grosse, è possibile che la zona intorpidita risulti più estesa. Se questo avviene dopo lo stripping della vena principale sulla parte interna della gamba (grande vena safena), l’intorpidimento sarà presente nella parte interna del polpaccio e del piede. Nei casi in cui si deve trattare la vena dietro il ginocchio (piccola vena safena), è a rischio il nervo che irradia dalla pelle alla parte esterna del polpaccio e del piede. Vi è poi un minimo rischio per i nervi principali responsabili del movimento della gamba e del piede. Il rischio di lesioni nervose aumenta quando l’intervento chirurgico viene effettuato dopo altre operazioni nella stessa zona.
8. Durante gli interventi di vene varicose, è possibile che vengano danneggiate le arterie e le vene più grandi; si tratta tuttavia di complicazioni molto rare.
9. La trombosi venosa profonda provoca gonfi ore alla gamba e può determinare la formazione di un coagulo di sangue che arriva fi no ai polmoni. Si tratta di una complicazione possibile dopo la chirurgia per le vene varicose, ma diventa molto remota se il paziente comincia a muovere le gambe e a camminare frequentemente, il prima possibile dopo l’intervento. A volte vengono prescritti dei farmaci per via parenterale per diminuire il rischio della formazione di coaguli: pur diminuendo il rischio di coagulazione del sangue, aumenta però la formazione di ematomi. Nelle pazienti che assumono contraccettivi per via orale, il rischio di trombosi è maggiore. Sarà utile pertanto valutare con il chirurgo l’opportunità di interrompere il farmaco e di iniziare una particolare terapia per ridurre il rischio di trombosi. Se la contraccezione orale viene iniziata nel periodo di attesa prima dell’intervento, è opportuno comunicarlo.
10. Tutte le anestesie totali comportano dei rischi, che vengono ridotti al minimo con moltissime precauzioni. Il rischio di morte per chirurgia alle vene varicose è inferiore a un caso su mille.

Le vene varicose ritornano?

In alcune persone possono ritornare nuove varici qualche anno dopo l’intervento chirurgico, anche se questo avviene più di rado dopo un intervento accurato. Il rischio di recidive è di circa il 20% nei 10 anni successivi all’operazione. Raramente le vene varicose si riformano nelle zone già trattate; altre volte, si ripresentano invece in un sistema venoso diverso, che al momento della prima operazione era normale. Nel caso di recidive, le varici possono essere sclerotizzate con iniezioni o nuovamente operate.

Trattamento chirurgico

Martedì 28 Dicembre 2010 20:03 Pubblicato in Ischemia Cerebrale

Quando dall’eco-color-Doppler si evidenzia un restringimento delle arterie carotidi al collo, per correggere la stenosi può essere necessario l’intervento chirurgico, cioè l’endarterectomia carotidea.
Prima dell’operazione possono essere necessarie ulteriori indagini, tra cui l’arteriografia e la TC cerebrale.
È importante sapere che l’emisfero cerebrale sinistro comanda braccio e gamba di destra e quello destro gli arti di sinistra. Succede spesso infatti che il paziente ritenga di essere stato operato dalla parte “sbagliata”, ma di fatto non è così. Attualmente è noto anche che i soggetti con un restringimento (stenosi) della carotide sono a rischio molto maggiore di ictus rispetto agli altri e che grazie all’operazione denominata endarterectomia carotidea (di correzione della stenosi), si riducono moltissimo i rischi di ictus e/o di morte.

Prima dell’intervento
Il paziente viene ricoverato per circa tre giorni e l’intervento viene effettuato di solito il giorno successivo al ricovero. Fra gli esami pre-operatori, sono previste le analisi del sangue, un elettrocardiogramma e una radiografia del torace. Il paziente deve restare completamente a digiuno, per 6-12 ore prima dell’intervento, senza assumere neppure liquidi.

L’intervento chirurgico

Dopo l’anestesia (che può essere locale o generale, a seconda dei casi), viene effettuata un’incisione sul collo, all’altezza della carotide, e si procede al temporaneo clampaggio della stessa ed all’asportazione dello strato patologico (placca). Quindi l’arteria viene richiusa. A volte, per prevenire il restringimento, viene utilizzato un patch (una "toppa") di vena prelevata nella parte superiore di una coscia, con un’altra piccola incisione. In alternativa, si possono usare patch sintetici oppure semplicemente suturare l’arteria con i punti. Per richiudere l’incisione a livello cutaneo vengono usati punti di sutura; è possibile inoltre che venga posizionato un catetere di drenaggio della ferita che verrà rimosso dopo 24-48 ore.

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Placca aterosclerotica estratta chirurgicamente dalla carotide interna

Dopo l’intervento chirurgico
Al termine il paziente avrà uno o due cateteri collegati al braccio, uno per la somministrazione di liquidi e l’altro per il monitoraggio della pressione
arteriosa. In genere è prevista una permanenza di 24 ore nell’unità di terapia post-chirurgica subintensiva per un attento monitoraggio dei parametri clinici, prima che il paziente venga riportato in camera. L’intervento di per sé non è particolarmente doloroso, ma talvolta vengono prescritti ugualmente analgesici, anche a richiesta del paziente. Il giorno successivo all’intervento, il paziente viene fatto alzare, può alimentarsi normalmente e, in molti casi, in seconda o in terza giornata viene dimesso. I punti di sutura della cute vengono rimossi dopo sei-sette giorni.

Ci sono rischi?

Dopo l’intervento, può formarsi attorno alla ferita un piccolo ematoma. Di rado si rendono necessarie trasfusioni di sangue. L’ematoma, quando presente, può richiedere alcune settimane per risolversi. È probabile che nel lato interessato si formi per alcuni mesi una zona di ridotta sensibilità, che soltanto in rare occasioni non scompare. È possibile inoltre che un lato della bocca o della lingua resti indebolito per un certo periodo, ma è estremamente raro che questo effetto sia permanente.
Durante l’intervento chirurgico, c’è un rischio di ictus (ma limitato) e uno ancor più ridotto di morte. Il rischio complessivo di ictus e morte correlato all’intervento è inferiore al 5%. A lungo termine però, il paziente ha meno probabilità di soffrire di un episodio di ictus maggiore, se è stato sottoposto all’intervento chirurgico.

E dopo l’intervento?

Il paziente viene ricontrollato dopo circa un mese in ambulatorio. È possibile che gli venga prescritto un eco-color-Doppler, simile a quello
preoperatorio, per verifi care il corretto funzionamento della carotide. In genere, dopo l’operazione i buoni risultati permangono nel tempo. Si possono comunque migliorare le condizioni generali di salute, svolgendo regolarmente attività fi sica, smettendo di fumare e riducendo l’assunzione di grassi con l’alimentazione. In questo modo, si riducono i possibili danni futuri legati alla patologia arteriosa.

Diagnosi

Martedì 28 Dicembre 2010 19:56 Pubblicato in Ischemia Cerebrale

Quali sono gli esami da effettuare?
Se lo specialista ritiene che i sintomi del paziente siano tali da richiedere approfondimenti, prescriverà tutta una serie di esami, fra cui le analisi
del sangue per controllare i valori del colesterolo e della glicemia, e un elettrocardiogramma (ECG).
A volte i TIA sono provocati dal restringimento di un vaso sanguigno del collo (carotide). Questa condizione si controlla con un semplice eco-color-Doppler dei vasi del collo, del tutto indolore.
Ovviamente, qualora verificato il sospetto diagnostico ecografico, in caso di terapia chirurgica potrà essere necessario confermare la diagnosi mediante esami più accurati. più affidabili, quali l'angio-TC o l'angio-RM, o l'esame angiografico.

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ANGIOGRAFIA: stenosi grave (placca ulcerata) della arteria carotide interna


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