Giovanni Bandiera

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Lunedì, 02 Dic 2024
Ischemia Cerebrale
Ischemia Cerebrale

Ischemia Cerebrale (6)

Il trattamento endovascolare delle lesioni stenosanti delle carotidi è tutt'ora oggetto di ampie discussioni da parte di fautori entusiasti della metodica e di detrattori scettici dei risultati immediati e a distanza, nonchè degli eventuali rischi.
Senza entrare nel merito è indubbio che l'angioplastica della carotide, più frequentemente completata con l'aggiunta di uno stenting, è da considerare una tecnica estremamente mini-invasiva.


Che cosa è l’angioplastica a palloncino?

palloncinoSi effettua introducendo attraverso una puntura in anestesia locale di un'arteria all'inguine o al braccio, un catetere con alla sua estremità un palloncino che viene fatto passare attraverso l’arteria malata;  una volta posizionato all'interno della lesione stenosante gonfiandosi, il palloncino riapre l’arteria ristretta. Grazie a questa tecnica, in molti casi è possibile evitare l’intervento chirurgico.
Dal punto di vista del paziente, l’angioplastica è molto simile all’arteriografia, a parte il fatto che il catetere utilizzato è di dimensioni leggermente più grandi e di conseguenza il rischio di sanguinamento è un po’ più elevato.


La procedura

stentL’angioplastica è una procedura un po’ più lunga di una semplice arteriografia e può darsi che il paziente avverta le manovre del medico quando cambia o avanza i cateteri all’interno dell’arteria. Talvolta si tratta di una sensazione spiacevole, ma non dolorosa.  Ormai quasi la totalità delle procedure vengono attuate inserendo anche uno stent, una sottilissima gabbietta tubulare metallica·che mantiene la pervietà del vaso ?trattato fermando contemporaneamente gli eventuali frammenti di placca.

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Dopo la procedura

In alcuni casi, per prevenire la formazione di coaguli di sangue nel punto dell’angioplastica, vengono effettuate iniezioni di eparina (un anticoagulante)per 24 ore. Normalmente, il giorno successivo il paziente viene rimandato a casa. Prima della dimissione il chirurgo effettuerà una visita di controllo per valutare la riuscita dell’angioplastica e decidere se siano necessarie ulteriori terapie.

Quali sono gli effetti collaterali?
È abbastanza normale che si formino ematomi lievi nella sede della puntura, che in genere scompaiono in pochi giorni. È molto raro invece un sanguinamento più importante. Purtroppo in circa il 10-30% dei casi l’angioplastica non riesce, e si rende necessario prendere in considerazione altri trattamenti. Inoltre, anche quando l’angioplastica viene realizzata con successo permane il rischio che, in quella stessa zona, il restringimento del vaso si riformi: questa situazione si verifica, a distanza di un anno, nel 10-20% circa delle arterie. In alcuni casi è possibile effettuare nuovamente l’angioplastica, ma non sempre. Molto raramente, se l’angioplastica non riesce, la patologia di fatto peggiora. In questi casi, il medico discuterà con il paziente i rischi in atto.

Quali sono le complicazioni?
Si stima che nel 6% circa dei casi sussista il rischio di complicazioni. La maggior parte di queste sono provocate da TIA o Ictus. Grandi ematomi o  un eccessivo sanguinamento della ferita sono rari.  Di rado si deve procedere con un intervento chirurgico d'urgenza.

 

Per quanto riguarda i pazienti affetti da stenosi carotidee non particolarmente avanzate (comunque inferiori al 60-70%) e che non hanno dato luogo a sintomatologia ischemica cerebrale, e quindi non trattabili dal punto di vista chirurgico o endovascolare, valgono le stesse norme che riguardano la malattia aterosclerotica in generale e che riportiamo più oltre.
Peraltro è necessario che il paziente si sottoponga a frequenti controlli clinici e strumentali (visita specialistica ed eco-color-Doppler) al fine di monitorizzare l'evoluzione della stenosi.
Fondamentale inoltre il controllo frequente dei vari fattori di rischio (Pressione Arteriosa, Diabete, Ipercolesterolemia, etc.)


?Prevenzione e stile di vita

Le regole della dieta per scongiurare l'arteriosclerosi e le sue temibili conseguenze sono le stesse che valgono per l'ipercolesterolemia, l’ipertrigliceridemia, l’iperglicemia.
Eccole in sintesi:
- contenere il peso corporeo entro valori ragionevoli e secondo età, sesso, attività fisica e lavorativa;
- limitare l'apporto alimentare di grassi saturi (burro, salumi e insaccati, frattaglie), di carni grasse e di condimenti di origine animale (ricordando che il livello di assunzione raccomandato di colesterolo al giorno per un soggetto adulto sano è solo di 300 mg e 1 bistecca di carne di bovino del peso di ?100 g ne contiene circa 70-75 mg);
- abituarsi a utilizzare i condimenti a crudo privilegiando la scelta per l'olio extravergine di oliva;
- limitare il consumo di latte intero e derivati fermentati (formaggi e latticini);
- aumentare il consumo settimanale di pesce;
- aumentare il consumo quotidiano di ortaggi e verdure freschi e di alimenti contenenti fibre e scorie;
- limitare il consumo delle uova a 1-2 la settimana;
- contenere l'uso del sale da cucina;
- evitare fritture e cotture elaborate e prolungate a temperature elevate;

Una dieta corretta rappresenta, perciò, il modo migliore per tenere sotto controllo il colesterolo, i trigliceridi, la glicemia e la pressione del sangue. Sfortunatamente non possiamo fare niente per modificare la nostra familiarità, l'età ed il sesso, ma molto si può fare per cambiare il nostro modo di vivere: le persone che non fumano, fanno attività fisica, mantengono il peso ideale, tengono sotto controllo la pressione, il tasso di colesterolo nel sangue e la glicemia, hanno un numero molto minore d'eventi cardiovascolari sfavorevoli.

Smettere di fumare riduce rapidamente il rischio d'infarto o ictus.
- Dopo un anno dall'interruzione del vizio del fumo il rischio è uguale a quello di chi non ha mai fumato.
- Fare attività fisica lo riduce del 45%
- mantenere un peso-forma del 55%.
- Abbassare il colesterolo fa calare il rischio d'eventi vascolari del 2% per ogni punto di colesterolo in meno. Le raccomandazioni nazionali sono di tenerlo sotto i 200 mg/dl.

Quindi…..

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La prevenzione dell'ischemia cerebrale si basa sulla correzione dei fattori di rischio, sull'uso di pochi farmaci, sulla chirurgia vascolare. Le lesioni arteriosclerotiche gravi delle carotidi devono essere trattate chirurgicamente.  Esistono attualmente tecniche chirurgiche "mini-invasive" (angioplastica + stenting per via endovascolare), limitate però a casi selezionati.

Qual è il trattamento?
Ogni giorno molte persone vengono colpite da ictus o da sintomi premonitori (mini stroke o attacchi ischemici transitori). Questi sono i pazienti a maggior rischio di sviluppare un secondo episodio, a volte più grave. A tutti i soggetti più a rischio vengono date indicazioni per ridurre il pericolo di altri episodi (ad esempio smettere di fumare) e vengono prescritte terapie mediche, che generalmente comprendono il trattamento dell’ipertensione, del diabete, dell’ipercolesterolemia e della malattia cardiovascolare. Di solito viene anche prescritta l’aspirina.
Il trattamento del paziente varia a seconda dei risultati delle indagini strumentali e degli esami clinici. I fumatori dovrebbero smettere
completamente di fumare. L’ipertensione, l’ipercolesterolemia o l’iperglicemia spesso migliorano con un’alimentazione più sana, ma talvolta possono essere necessarie anche terapie farmacologiche. Per fluidifi care il sangue, può essere prescritta l’aspirina, che riduce del 25% il rischio di ictus o di attacco cardiaco. Il dosaggio è ridotto e generalmente non provoca disturbi gastrici.

Quando dall’eco-color-Doppler si evidenzia un restringimento delle arterie carotidi al collo, per correggere la stenosi può essere necessario l’intervento chirurgico, cioè l’endarterectomia carotidea.
Prima dell’operazione possono essere necessarie ulteriori indagini, tra cui l’arteriografia e la TC cerebrale.
È importante sapere che l’emisfero cerebrale sinistro comanda braccio e gamba di destra e quello destro gli arti di sinistra. Succede spesso infatti che il paziente ritenga di essere stato operato dalla parte “sbagliata”, ma di fatto non è così. Attualmente è noto anche che i soggetti con un restringimento (stenosi) della carotide sono a rischio molto maggiore di ictus rispetto agli altri e che grazie all’operazione denominata endarterectomia carotidea (di correzione della stenosi), si riducono moltissimo i rischi di ictus e/o di morte.

Prima dell’intervento
Il paziente viene ricoverato per circa tre giorni e l’intervento viene effettuato di solito il giorno successivo al ricovero. Fra gli esami pre-operatori, sono previste le analisi del sangue, un elettrocardiogramma e una radiografia del torace. Il paziente deve restare completamente a digiuno, per 6-12 ore prima dell’intervento, senza assumere neppure liquidi.

L’intervento chirurgico

Dopo l’anestesia (che può essere locale o generale, a seconda dei casi), viene effettuata un’incisione sul collo, all’altezza della carotide, e si procede al temporaneo clampaggio della stessa ed all’asportazione dello strato patologico (placca). Quindi l’arteria viene richiusa. A volte, per prevenire il restringimento, viene utilizzato un patch (una "toppa") di vena prelevata nella parte superiore di una coscia, con un’altra piccola incisione. In alternativa, si possono usare patch sintetici oppure semplicemente suturare l’arteria con i punti. Per richiudere l’incisione a livello cutaneo vengono usati punti di sutura; è possibile inoltre che venga posizionato un catetere di drenaggio della ferita che verrà rimosso dopo 24-48 ore.

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Placca aterosclerotica estratta chirurgicamente dalla carotide interna

Dopo l’intervento chirurgico
Al termine il paziente avrà uno o due cateteri collegati al braccio, uno per la somministrazione di liquidi e l’altro per il monitoraggio della pressione
arteriosa. In genere è prevista una permanenza di 24 ore nell’unità di terapia post-chirurgica subintensiva per un attento monitoraggio dei parametri clinici, prima che il paziente venga riportato in camera. L’intervento di per sé non è particolarmente doloroso, ma talvolta vengono prescritti ugualmente analgesici, anche a richiesta del paziente. Il giorno successivo all’intervento, il paziente viene fatto alzare, può alimentarsi normalmente e, in molti casi, in seconda o in terza giornata viene dimesso. I punti di sutura della cute vengono rimossi dopo sei-sette giorni.

Ci sono rischi?

Dopo l’intervento, può formarsi attorno alla ferita un piccolo ematoma. Di rado si rendono necessarie trasfusioni di sangue. L’ematoma, quando presente, può richiedere alcune settimane per risolversi. È probabile che nel lato interessato si formi per alcuni mesi una zona di ridotta sensibilità, che soltanto in rare occasioni non scompare. È possibile inoltre che un lato della bocca o della lingua resti indebolito per un certo periodo, ma è estremamente raro che questo effetto sia permanente.
Durante l’intervento chirurgico, c’è un rischio di ictus (ma limitato) e uno ancor più ridotto di morte. Il rischio complessivo di ictus e morte correlato all’intervento è inferiore al 5%. A lungo termine però, il paziente ha meno probabilità di soffrire di un episodio di ictus maggiore, se è stato sottoposto all’intervento chirurgico.

E dopo l’intervento?

Il paziente viene ricontrollato dopo circa un mese in ambulatorio. È possibile che gli venga prescritto un eco-color-Doppler, simile a quello
preoperatorio, per verifi care il corretto funzionamento della carotide. In genere, dopo l’operazione i buoni risultati permangono nel tempo. Si possono comunque migliorare le condizioni generali di salute, svolgendo regolarmente attività fi sica, smettendo di fumare e riducendo l’assunzione di grassi con l’alimentazione. In questo modo, si riducono i possibili danni futuri legati alla patologia arteriosa.

Quali sono gli esami da effettuare?
Se lo specialista ritiene che i sintomi del paziente siano tali da richiedere approfondimenti, prescriverà tutta una serie di esami, fra cui le analisi
del sangue per controllare i valori del colesterolo e della glicemia, e un elettrocardiogramma (ECG).
A volte i TIA sono provocati dal restringimento di un vaso sanguigno del collo (carotide). Questa condizione si controlla con un semplice eco-color-Doppler dei vasi del collo, del tutto indolore.
Ovviamente, qualora verificato il sospetto diagnostico ecografico, in caso di terapia chirurgica potrà essere necessario confermare la diagnosi mediante esami più accurati. più affidabili, quali l'angio-TC o l'angio-RM, o l'esame angiografico.

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ANGIOGRAFIA: stenosi grave (placca ulcerata) della arteria carotide interna


L'Arteriosclerosi
L'arteriosclerosi consiste nella formazione delle placche all'interno delle arterie a seguito del depositarsi nella parete arteriosa di sostanze circolanti nel sangue (ad es. il colesterolo). Si forma così un indurimento circoscritto della parete del vaso che tende ad accrescersi all'interno del vaso e a restringerne progressivamente il calibro, riducendo, di conseguenza, l'apporto di sangue, ossigeno e sostanze indispensabili alla vita di quei tessuti che l'arteria deve nutrire.
Può accadere inoltre, che una placca, se particolarmente molle, si rompa ed i suoi frammenti "embolizzino ", cioè, trasportati dal sangue, vanno a chiudere i piccoli vasi situati più lontano.

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Placca in carotide interna        Frammenti di placca distaccati, embolizzanti

 
Perché si formano le placche?
Le vere cause dell'arteriosclerosi non sono del tutto chiare. Sappiamo tuttavia che ci sono dei fattori che aumentano il rischio di contrarre la malattia.
1. L'età avanzata ed il sesso maschile.· Le donne ne sono colpite in misura minore e solo dopo la menopausa.
2. La familiarità; cioè l'aver parenti prossimi che hanno sofferto della malattia aterosclerotica in età precoce (nei maschi <55 anni, nelle femmine <65 anni)
3. La dieta ricca di grassi, specie d'origine animale.
4.·Il fumo di sigaretta.
5. Livelli elevati di Trigliceridi e Colesterolo.
6.·La scarsa attività fisica.
7. L'eccessivo consumo d'alcool.
8. L'obesità.
9. Il diabete.
10. L'aumento della pressione arteriosa.
11. L'essere esposto a frequenti "stress".
Tutti questi fattori sono, come si dice con termine medico, "indipendenti", agiscono cioè autonomamente l'uno dall'altro e, perciò, quando sono presenti più fattori, i loro effetti si sommano ed il rischio aumenta in proporzione.

Che cosa è l'ischemia cerebrale?
Per ischemia cerebrale si intende una condizione caratterizzata principalmente da mancanza (o grave riduzione) improvvisa di flusso di sangue al cervello, con conseguente comparsa di sintomatologia caratterizzata in vari tipi (o livelli di gravità) a seconda dell'estensione della zona del cervello interessata, della sua localizzazione (a seconda del vaso occluso) e della durata dell'ischemia.  Si distinguono infatti, in ordine, il TIA, il RIND, il PRIND e l'ICTUS.
L'ischemia cerebrale è quindi provocata dal restringimento e dall’ostruzione dei vasi che irrorano il cervello. Il problema nasce dall’indurimento delle arterie (aterosclerosi) dovuto al fumo, all’ipertensione, all’ipercolesterolemia e al diabete. In circa il 75% dei pazienti con ischemia cerebrale è presente una stenosi importante (= restringimento) dell'arteria carotide.

Negli attacchi ischemici transitori (TIA, dall’inglese Transient Ischaemic Attack)l’ostruzione è temporanea e si risolve rapidamente (entro 24 ore). Anche se può spaventare, il TIA non provoca danni permanenti, ma chi ne soffre è a maggior rischio di sviluppare ictus: circa il 10% dei soggetti che hanno avuto un TIA sono a rischio nel primo anno successivo e circa il 5% ogni anno che passa. È importante fare indagini dopo un TIA per correggere le cause sottostanti e cercare di prevenire altri episodi. La sintomatologia è costituita di solito da brevi attacchi di debolezza, barcollamento, intorpidimento o perdita di sensibilità e formicolio da un lato del viso, in un braccio o in una gamba, da un solo lato del corpo. Può essere accompagnata inoltre da amnesia, rallentamento del linguaggio e difficoltà di articolazione delle parole e da perdita visiva da un occhio (amaurosis fugax).  Gli attacchi possono durare pochi minuti o qualche ora e comunque regrediscono in un giorno.

Il RIND (Reversible Ischaemic Neurologiacal Deficit = Deficit Ischemico Neurologico Reversibile) la sintomatologia è più marcata rispetto al TIA, ma comunque tende a regredire entro le 3 settimane;

Al contrario nel PRIND (Partial RIND = RIND parzialmente regredibile), la sintomatologia regredisce ma non completamente, lasciando reliquati più o meno stabili dopo tre settimane dall'episodio.

Infine l'ICTUScerebrale (Stroke), spesso  preceduto da uno o più TIA,  è caratterizzato dalla comparsa di un deficit neurologico grave e persistente o addirittura mortale.  La principale malattia causa di un ictus è l'arteriosclerosi delle carotidi.L'ictus cerebrale è la terza causa di morte in Italia e la principale causa di invalidità (130.000 nuovi casi ogni anno)
 
Ci sono altre cause?
Alcune patologie possono sembrare molto simili al TIA, come emicrania, attacchi o crisi epilettiche, ipoglicemia, sincopi e alterazioni del ritmo cardiaco. Generalmente il TIA non provoca perdite di coscienza o svenimenti. Le patologie simili al TIA devono essere trattate in modo diverso ed è importante che i pazienti in cui si manifesta il TIA si rivolgano allo specialista per individuarne le cause.

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