Giovanni Bandiera
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Un aneurisma è una dilatazione di un arteria indebolita che si espande come un palloncino, in maniera del tutto simile a quanto accade ad un pneumatico consumato. La parete arteriosa si assottiglia per la perdita di tessuto elastico e in quel punto si crea un rigonfiamento dell’arteria, con il rischio di rottura.
L’arteria più frequentemente colpita è l’aorta, la principale arteria dell’addomeUn aneurisma è una dilatazione di un arteria indebolita che si espande come un palloncino, in maniera del tutto simile a quanto accade ad un pneumatico consumato. La parete arteriosa si assottiglia per la perdita di tessuto elastico e in quel punto si crea un rigonfiamento dell’arteria, con il rischio di rottura. L’arteria più frequentemente colpita è l’aorta, la principale arteria dell’addome.
Ma anche le altre arterie possono essere sede di aneurisma. In particolare per quanto riguarda le arterie cerebrali l'incidenza di aneurisma non è ben definita, ma risulterebbe non essere superiore al 2-3% di tutti gli aneurismi: la competenza di tale patologia è del neurochirurgo.
Per quanto riguarda i vasi del collo, l'incidenza di aneurismi carotidei è intorno all'1%
Per quanto riguarda le arterie periferiche l'incidenza di aneurisma è pari, negli arti superiori è principalmente di origine post-traumatica e non supera il 3-4% degli aneurismi totali.
Per quanto attiene gli arti inferiori l'incidenza totale è di circa il 5%, suddivisa in circa il 25% nelle arterie femorali, e il 70 % nelle poplitee, mentre non supera il 5% nelle arterie della gamba.
Tra i 20 e i 70 anni il diametro delle arterie periferiche aumenta del 20-25%; nell’85% dei pazienti con aneurismi femorali e nel 62% di quelli con localizzazione poplitea è presenti anche un aneurisma dell'aorta addominale.
Aneurisma dell'arteria femorale superficiale |
Gli aneurismi delle arterie femorali possono essere scoperti per la presenza di una massa pulsatile a livello della coscia, ma si possono presentare anche con ischemia e, anche se più raramente, con rottura o sanguinamento. Gli aneurismi delle arterie femorali vengono sottoposti a riparazione chirurgica quando misurano almeno 3 cm.
Gli aneurismi dell'arteria polpitea rappresentano il 70% di tutti gli aneurismi delle arterie periferiche e hanno un’incidenza variabile dallo 0,1 al 2,8%; sono più spesso soggetti a ostruzione che a rottura. Circa il 50% degli aneurismi asintomatici diventano sintomatici entro 1 anno e il 75% entro 5 anni. Gli aneurismi sintomatici di solito sono >2 cm. C’è un generale consenso sul fatto che solo gli aneurismi di misura >2 cm debbano essere sottoposti a intervento. Se l’aneurisma è minore di 2 cm e non contiene trombi, se il rischio operatorio è elevato, se la sopravvivenza del paziente è ridotta a causa di comorbilità è consigliata la semplice sorveglianza ma se le dimensioni aumentano e/o si sviluppano sintomi la decisione del rinvio dell’intervento va rivalutata.
Aneurisma dell'arteria poplitea |
Aneurismi delle Arterie Viscerali
Venerdì 21 Gennaio 2011 13:33 Pubblicato in Aneurismi Arterie VisceraliLa malattia aneurismatica può colpire, anche se relativamente raramente, anche le arterie viscerali ovvero i rami arteriosi nati dall'aorta addominale che vanno a irrorare rispettivamente i reni (arterie renali), la milza (arteria splenica), il fegato (arteria epatica), lo stomaco, il duodeno, il pancreas e l'intestino (arteria mesenterica superiore, tronco celiaco, arteria pancreatico-duodenale, arterie gastroduodenale e gastroepiploica, arterie digiunale e ileo-colica, arteria mesenterica inferiore suoi rami).
Gli aneurismi viscerali possono interessare il 2% della popolazione. L'età in cui è massima l'incidenza di comparsa di un aneurisma viscerale varia tra i 60 e 70 anni.
L'incidenza degli aneurismi è così ripartita: aneurisma dell'arteria renale (AAR): 1-3%, aneurisma dell'arteria splenica (AAS): 60%; dell'arteria epatica (AAE): 16-20%; dell'arteria mesenterica superiore (AAMS): 5.5%; del tronco celiaco (ATC): 4%; dell'arteria pancreatico-duodenale (AAPD): 3%; delle arterie gastroduodenale (AAGD) e gastroepiploica (AAGE): 4%; delle arterie digiunale (AAD) e ileo-colica (AAIC): 3%; dell'arteria mesenterica inferiore (AAMI) e dei suoi rami: 3,5%.
L'evoluzione dell'aneurisma è caratterizzata dalla progressiva espansione e dalla formazione di trombi, che contribuiscono alle tre maggiori complicanze: la rottura, gli eventi tromboembolici ischemici, e la compressione o erosione delle strutture vicine. La rottura rapresenta la complicanza più frequente. La mortalità per questo tipo di evento può raggiungere il 90%: la dimensione dell’aneurisma rappresenta il fattore preminente nella rottura anche se un ruolo hanno pure l’ipertensione, il fumo di tabacco , la presenza di broncopneuomopatia cronica ostruttiva, la familiarità, il sesso, i traumi addominali.
Un aneurisma viscerale è considerato a rischio di rottura se il suo diametro è superiore a 2 cm, se ha una causa infettiva, se ha una sede diversa da quella splenica e soprattutto se si verifica in una donna in età fertile.
La rottura di un aneurisma viscerale è spesso un evento catastrofico, gravato da un 25-65% di mortalità. La rottura in peritoneo libero è in genere un evento fatale.
Il quadro clinico di un aneurisma rotto è diverso in rapporto alla sede:
- aneurisma splenico: spesso si ha una rottura "in due tempi", con una prima emorragia in parte tamponata e poi seguita da una rottura in peritoneo libero.
- aneurisma epatico: si ha una triade sintomatologica di colica biliare, ittero ed enterorragia del tratto superiore , secondaria ad emorragia nelle vie biliari.
- aneurisma della mesenterica superiore: dolori addominali, massa pulsante epigastrica ed ematoma retro- peritoneale ed intramesenterico
- aneurisma del tripode celiaco: emorragia intraperitoneale, raramente accompagnata da sanguinamento gastroenterico
- aneurisma pancreatico-duodenale e gastro-duodenale: emorragia retroperitoneale accompagnata da abbondante sanguinamento gastro-intestinale.
Vi è indicazione chirurgica negli aneurismi con diametro maggiore di 2 cm, nei soggetti giovani soprattutto femmine in età fertile, nei casi sintomatici, quando sono presenti segni evidenti di espansione, se hanno causa infettiva.
L'aneurisma dell'arteria renale
Gli aneurismi dell'arteria renale sono secondari a lesioni displastiche (60-70%), aterosclerotiche (30-40%) ed arteriopatie infiammatorie (l-2%). Sebbene l’ipertensione sia presente nel 70% dei pazienti affetti da patologia dell’arteria renale, si ritiene che questa sia causa di un aneurisma solo in una piccola percentuale dei casi (5%).
I disturbi che possono causare sono rari: a volte coesiste uno stato ipertensivo. dolore in regione lombare ed ematuria (sangue nell'urina).
La maggior parte degli aneurismi dell'arteria renale sono peraltro asintomatici e vengono scoperti casualmente a seguito di indagini diagnostiche per l'ipertensione, per arteriopatia ostruttiva degli arti inferiori o per aneurisma aortico (Eco-Doppler, RMN, angiografia).
Il rischio di rottura è notevolmente aumentato nelle donne in gravidanza, con una mortalità che arriva all'80%, sia materna che fetale. Gli aneurismi con diametro superiore a 1,5 cm e associati ad ipertensione vanno più facilmente incontro a rottura.
L’indicazione chirurgica è rivolta agli aneurismi con diametro > 1,5 cm, negli ipertesi, in soggetti giovani soprattutto femmine in età fertile.
L’aneurisma dell’arteria splenica
È il più frequente di tutti gli aneurismi delle arterie viscerali (60%), ed è presente nello 0,8% dei riscontri autoptici. È circa quattro volte più frequente nel sesso femminile (la gravidanza è il fattore predisponente più significativo per le alterazioni gestazionali della parete vasale).
Circa il 2% degli aneurismi splenici va incontro a rottura con conseguenti esiti drammatici. In una donna in età fertile o in soggetti candidati a trapianto è indicata la riparazione dell’aneurisma splenico quando questo misura più di 2 cm. Pertanto si impone, una volta confermata la diagnosi, un rapido ed efficace trattamento terapeutico.
La terapia può essere, a secondo dei casi, chirurgica o endovascolare.
L'intervento se eseguito in urgenza (per rottura dell'aneurisma) ha una mortalità intorno al 25% dei casi, se eseguito in elezione, cioè non in urgenza bensì programmato, non supera lo 0.5% dei casi. L' intervento chirurgico consiste nella legatura dell’arteria e nella splenectomia (asportazione della milza). L’introduzione e la sempre maggiore evoluzione delle tecniche miniinvasive di trattamento endovascolare giustifica, nella maggior parte dei casi, un primo tentativo di approccio terapeutico con tali metodiche, lasciando ad un secondo tempo (o a seconda scelta) la chirurgia tradizionale. in caso di intervento endovascolare si procede di solito ad una embolizzazione per via arteriosa dell'aneurisma, introducendo tramite un catetere particolari materiali (spirali) all'interno della sacca aneurismatica aventi lo scopo di "trombizzarla", ovvero di chiuderla definitivamente. Il successo si ottiene nell'85% di casi. Le complicanze (migrazione delle spirali, infarto splenico, ascessi, sindrome post-embolizzazione) sono rare.
L'aneurisma dell'arteria epatica
L'incidenza è del 16-20% di tutti gli aneurismi viscerali, con una frequenza doppia nelle donne. L'età di comparsa varia tra i 40 e i 60 anni ed è caratterizzato da un'elevata tendenza alla rottura.
L'intervento (chirurgico o endovascolare a seconda dei casi) è d'obbligo se l'aneurisma supera i 2 cm di diametro. Al di sotto di tale dimensione è comunque necessario controllare (mediante ecografia, TC o RM) la sua evoluzione molto frequentemente.
L'aneurisma dell'arteria mesenterica superiore
Rappresenta circa il 5,5% di tutti gli aneurismi viscerali ed è il più "sintomatico", spesso micotico, dando luogo nel 65% dei casi a dolore addominale, a sensibile "massa pulsante" in regione addominale nel 27% dei casi, a vomito, febbre, nausea, ittero.
La rottura improvvisa avviene nel 37-50% dei casi dando luogo a una mortalità del 30%.
La terapia è quasi sempre chirurgica. Il trattamento endovascolare, rappresentato dall'embolizzazione con spirali, è limitato a pochi e selezionati casi per il rischio di ischemia intestinale.
L'aneurisma del tronco celiaco
Il 4% di tutti gli aneurismi viscerali. L'età di comparsa è intorno ai 55 anni, 2 volte più frequente nel sesso maschile. E' importante rammentare che nel 18% dei pazienti con aneurisma celiaco è presente un aneurisma dell'aorta addominale, e nel 38% un altro aneurisma viscerale.
Caratterizzato da scarsa tendenza alla rottura, si preferisce attuare una stretta sorveglianza se il paziente presenta condizioni generali scadute. L'intervento è consigliabile in pazienti asintomatici con aneurisma superiore ai 4 cm e in buone condizioni generali.
L'Arteriopatia Diabetica rappresenta oggi una malattia molto diffusa e in fase di aumento statistico. Il diabete è caratterizzato nella sua evoluzione da complicazioni vascolari importanti che spesso costituiscono la causa di un deficit invalidante o addirittura del decesso, fra le quali la retinopatia, la nefropatia, l’arteriosclerosi periferica, la malattia coronarica, l’insufficienza cerebrovascolare
Insufficienza cerebrovascolare e infarto del miocardio rappresentano una frequente causa di morte nel diabete e nei pazienti affetti da diabete mellito, il rischio di arteriopatia periferica è 4 volte superiore a quello dei non diabetici; il rischio di ischemia critica è 5 volte superiore;
Oltre a tali complicazioni lo specialista è spesso coinvolto in problematiche inerenti il cosiddetto ''Piede Diabetico'': i meccanismi patogenetici più importanti del piede diabetico sono rappresentati dall’ischemia (per lesioni macrovasali) e dalla neuropatia: entrambe possono essere complicate dal sovrapporsi dell’infezione.
Nel piede diabetico ristabilire un flusso sanguigno valido diretto al piede è l’obiettivo principale del trattamento.
Sulla base di tali considerazioni è necessario pertanto che
- ad ogni paziente che si presenta in ambulatorio diabetologico , anche in assenza di lesioni trofiche evidenti, dovrebbe essere posta indicazione ad un accurato screening vascolare;
- in pazienti diabetici che si presentano con lesioni trofiche la valutazione vascolare è obbligatoria e l’iter diagnostico-terapeutico diventa di competenza del chirurgo vascolare;
- in caso di lesioni complicate da infezione grave (ascesso, flemmone,...) ove si renda quindi necessario un atto chirurgico urgente il paziente deve essere gestito in prima istanza da un specialista chirurgo.
Da un’indagine multicentrica recente risulta che nei pazienti affetti da piede diabetico con ischemia critica la rivascolarizzazione chirurgica ha consentito un salvataggio d’arto a 24 mesi dell’85%, mentre laddove non è stato eseguito l’atto operatorio la percentuale di salvataggio scendeva al 17%.
Arteriopatia diabetica, IV stadio - estesa gangrena del piede |
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Giovanni Bandiera | Specialista in Chirurgia Generale, in Cardiochirurgia, in Chirurgia Vascolare
Lunedì 15 Novembre 2010 11:29 Pubblicato in Menu PrincipaleLa chirurgia vascolare nasce con i lavori di Kunlin, Wesolowski e Debakey ma anche i contributi di Jaboulay, Carrel e Pringle, all'inizio del secolo XX, parteciparono a questa straordinaria operazione culturale.
Parlare nel III millennio di chirurgia vascolare significa parlare anche ed inevitabilmente del progresso biotecnologico legato ai materiali protesici (per la chirurgia tradizionale, mininvasiva ed endovascolare) che hanno condizionato il trattamento delle malattie che coinvolgono il sistema circolatorio.
La nascita delle tecniche mini-invasive si deve a Dotter che ha iniziato a dilatare le arterie (ostruite o stenotiche) per via endovascolare, successivamente Parodi e Gruentzig hanno ideato e applicato endoprotesi per il trattamento degli aneurismi dell'aorta addominale e toracica.
Lo sviluppo delle tecniche endovascolari ha permesso il miglioramento dei risultati della morbilità e mortalità, allargando il numero di pazienti trattabili. La chirurgia vascolare nel versante arterioso tratta principalmente le carotidi, l'aorta, le iliache e le arterie degli arti inferiori, più raramente i vasi viscerali: renali, mesenterica superiore ed inferiore, tripode celiaco ed i suoi rami.
I cardini fondamentali della Chirugia Vascolare sono costituiti dalla CHIRURGIA ARTERIOSA, dalla CHIRURGIA ENDOVASCOLARE e dalla CHIRURGIA VENOSA.
CHIRURGIA ARTERIOSA
La chirurgia ricostruttiva arteriosa ha il compito di ripristinare il flusso di sangue nelle arterie ostruite dalla progressione della malattia aterosclerotica che risulta in aumento parallelamente all’aumento dell’età media della popolazione.
Le principali tecniche di ricostruzione arteriosa consistono nella endoarteriectomia e nella sostituzione con protesi venose o artificiali.
I territori su cui si effettuano questi interventi sono il collo (endoarteriectomia carotidea, bypass carotido-succlavio, etc.), gli arti superiori, l’addome (sostituzione protesica degli aneurismi della aorta addominale, bypass aorto-iliaco-femorale), gli arti inferiori (aneurismi femoro-poplitei, bypass femoro-poplitei, bypass femoro-popliteo-distali, bypass extra-anatomici).
Per quanto riguarda la chirurgia di rivascolarizzazione delle carotidi il Prof. Bandiera esegue circa il 90% degli interventi in anestesia locale, a coscienza conservata.
Nei pazienti in cui non vi è indicazione ad eseguire la chirurgia ricostruttiva diretta delle arterie, è possibile effettuare terapie mediche vasoattive (con l’impiego di farmaci di ultima generazione) tendenti ad ottenere un miglioramento della microcircolazione periferica. Viene altresì utilizzata la metodica di impianto di Elettrostimolatori midollari per la terapia del dolore ischemico.
CHIRURGIA ENDOVASCOLARE
La Chirurgia endovascolare applica metodiche chirurgiche e terapeutiche mini-invasive ed endovasali come la angioplastica e lo stenting dei distretti periferici, carotideo e renale, la terapia non invasiva della patologia aneurismatica con endoprotesi, le tecniche di disostruzione arteriosa per salvataggio dell’arto e nella terapia del piede diabetico vascolare.
Oltre ai cosiddetti "cateteri a palloncino" e agli stents, il Chirurgo vascolare dispone oggi delle più avanzate tecnologie endovasali come il Laser freddo ad eccimeri, palloni per crioangioplastica e stent biomedicati (a rilascio graduale di farmaci).
CHIRURGIA VENOSA
La chirurgia venosa si occupa di una delle patologie di più frequente riscontro nel mondo occidentale: l’insufficienza venosa degli arti inferiori, le vene varicose e le loro complicanze (ulcere, etc.).
La cura di queste malattie viene effettuata con tecniche ampiamente consolidate, spesso in regime di day hospital o ambulatoriale. Questi interventi sono principalmente rappresentati da:
Safenectomia, totale o parziale, mediante stripping
Safenectomia LASER-assistita
Chirurgia endoscopica delle vene perforanti (SEPS)
Chirurgia ricostruttiva valvolare venosa
CHIRURGIA VASCOLARE DELLE LESIONI ULCERATIVE
Le lesioni ulcerative degli arti inferiori, che riconoscono in un danno vascolare il principale movente patogenetico (ulcere venose, ischemiche, miste, ipertensive, microangiopatiche), sono anch'esse di pertinenza del Chirurgo vascolare.
Il loro trattamento è rivolto alla correzione dell’alterazione emodinamica (interventi di rivascolarizzazione in caso di ulcere ischemiche, di abolizione dei reflussi a livello dei sistemi venosi superficiale, profondo e delle perforanti in caso di ulcere venose) e alla cura della lesione mediante l’utilizzo delle medicazioni più avanzate, associate a metodi di detersione meccanici e chirurgici (bisturi ad acqua, vacuumterapia-VAC-).
Utili spesso anche presidi come la pressoterapia e la stimolazione elettrica che combattono l’edema e il dolore.
La cura delle lesioni ulcerative viene conclusa, in casi mirati, attraverso l’impiego di trapianti cutanei autologhi o attraverso l’impiego di derma artificiale e prodotti di ingegneria tessutale.
Perché è necessario l’intervento chirurgico?
Perché il paziente presenta un’ostruzione o un restringimento delle arterie che portano il sangue alle gambe, con conseguente gravissima riduzione della circolazione periferica. Il deficit circolatorio è talmente avanzato che l’apporto di sangue agli arti inferiori è insufficiente e, se non trattata, la situazione si aggraverebbe ulteriormente. I medici ritengono che non sia possibile in alcun modo migliorare la circolazione periferica e hanno quindi concordato la necessità dell’amputazione.
Prima dell’intervento chirurgico
Se non è già ospedalizzato, il paziente viene generalmente ricoverato uno o due giorni prima dell’operazione, per effettuare gli esami necessari e verificare che sia idoneo all’intervento. Di solito viene effettuata un’angiografia per controllare se vi siano altre opzioni per migliorare la circolazione.
Prima dell’intervento chirurgico verranno eseguite alcune indagini, fra cui un elettrocardiogramma, una RX del torace e le analisi del sangue.
L’intervento chirurgico
All’inizio il paziente viene portato in una zona di attesa della sala operatoria, quindi nella sala dell’anestesia, dove viene effettuata l’anestesia per poi essere portato in sala operatoria. Il paziente viene addormentato (anestesia generale) oppure si procede con una anestesia periferica (anestesia epidurale) che, attraverso la somministrazione di analgesici, addormenta la parte inferiore del corpo. Con il paziente addormentato, viene inoltre inserito il catetere vescicale per il drenaggio urinario e, da una vena del braccio o del collo (o da entrambe), viene inserito il catetere per monitorare la pressione e per somministrare i liquidi in fase post-operatoria. Il moncone di amputazione viene suturato generalmente con punti nel tessuto sottocutaneo, che si riassorbono da soli. Viene spesso posizionato un drenaggio che viene rimosso pochi giorni dopo.
A seconda del livello della gangrna si procederà ad una amputazione più o meno estesa, andando dalle cosiddette amputazioni "minori", quale l'amputazione di uno o più dita del p iede, fino alla "maggiore", cioè all'amputazione di coscia. La valutazione del livello di amputazione è ovviamente strettamente correlata all'estensione della gangrena e al grado di irrorazione del tratto da salvare.
Amputazione trans-metatarsale di un dito Amputazione dell'avanpiede
Dopo l’intervento chirurgico
Dopo l’operazione il paziente viene alimentato attraverso liquidi per fleboclisi fino a quando non è in grado di stare seduto e non tollera l’assunzione di
bevande e alimenti per bocca. È abbastanza comune avvertire dolore all’arto amputato (dolore dell’arto fantasma): i farmaci dovrebbero essere d’aiuto nell’attenuarlo rapidamente.
Con il passare dei giorni e con il miglioramento del paziente, i vari cateteri vengono rimossi ed il paziente torna gradualmente ad una maggiore mobilità, fin quando non è possibile la dimissione. Dopo l’intervento sarà necessaria la visita di un fi sioterapista, che aiuterà il paziente nella ripresa della mobilità. All’inizio vengono mostrati gli esercizi da eseguire a letto, poi il paziente viene incoraggiato a spostarsi dal letto alla sedia. Una volta guarita la ferita, il fisioterapista inizia a far deambulare il paziente con l’aiuto di un arto artifi ciale provvisorio, se possibile; altrimenti gli insegna ad usare la sedia a rotelle. Anche se è previsto che il paziente possa riprendere a camminare, è possibile che temporaneamente necessiti della sedia a rotelle, magari per gli spostamenti lunghi. Viene fi ssato l’appuntamento presso il centro protesi specializzato: una volta indossato, l’arto artifi ciale consente al paziente di avere un aspetto normale.
Il ritorno a casa
Può darsi che prima di dimettere il paziente sia necessario modifi care la casa e, in alcuni casi, trovare una sistemazione diversa. Dopo il ricovero dovranno essere continuate le sedute presso di fi sioterapia, che aiuteranno il paziente a rendersi autonomo con l’arto artificiale o con la sedia a rotelle.
Attualmente le protesi artificiali sono molto evolute il paziente è in grado di camminare di nuovo, purché motivato ed allenato.
Guidare: È possibile guidare anche con un arto amputato, ricorrendo all’uso di auto con cambio automatico o effettuando particolari modifiche.
Fare il bagno: Sarà possibile riprendere a fare il bagno o la doccia una volta che la ferita sarà asciutta, ma è probabile che il paziente all’inizio debba
essere aiutato. Per entrare o uscire dalla vasca senza pericolo potrà essere opportuno montare speciali maniglie o sollevatori.
Attività sessuale: Se il paziente se la sente, dopo 2 o 3 settimane può riprendere l’attività sessuale.
Complicazioni
A causa dello scarso apporto sanguigno, la guarigione della ferita a volte può essere lenta e, molto raramente, può essere necessaria una seconda amputazione ad un livello più alto della gamba, qualora la ferita non si rimargini. A volte la ferita si infetta e per curare l’infezione si ricorre alla terapia antibiotica. È normale sentire dolore e fitte alla ferita per alcuni mesi dopo l’operazione. A seguito di questo tipo di intervento possono manifestarsi infezioni respiratorie, soprattutto nei fumatori, con necessità di terapie antibiotiche e fisioterapia.
Che cosa posso fare?
Se il paziente era un fumatore, deve fare un autentico e deciso sforzo per smettere del tutto, perché l’abitudine al fumo può danneggiare la circolazione anche dell’altra gamba. È importante non prendere peso per non complicare la deambulazione con la protesi.
Che cos’è l'aneurisma dell'aorta addominale?
Mercoledì 03 Novembre 2010 10:40 Pubblicato in AneurismaUn aneurisma è una dilatazione di un arteria indebolita che si espande come un palloncino, in maniera del tutto simile a quanto accade ad un pneumatico consumato. La parete arteriosa si assottiglia per la perdita di tessuto elastico e in quel punto si crea un rigonfiamento dell’arteria, con il rischio di rottura.
L’arteria più frequentemente colpita è l’aorta, la principale arteria dell’addome.?
L’aorta subisce l’impatto di circa 2,5-3 miliardi di battiti cardiaci nell’arco di una vita media, distribuendo in tutto il corpo circa 200 milioni di litri di sangue. Il carico pressorio esercitato sulle sue pareti può causarne il progressivo indebilimento con finale evoluzione aneurismatica.
Un’aorta normale al di sotto delle arterie renali ha un diametro di circa 2,3 cm nell’uomo e di 1,9 cm nella donna ma varia con l’età e le dimensioni del corpo.
Gli aneurismi sono quattro volte più comuni tra gli uomini che tra le donne
Viene generalmente considerata aneurismatica l’aorta avente un diametro minimo compreso tra i 30 e 40 mm, con un rapporto aorta addominale sottorenale/soprarenale variabile tra 1.5: 1 e 2 : 1.
L’aneurisma dell’aorta addominale (AAA) è raramente presente al di sotto dei 50 anni, aumentando la sua incidenza dai 60 anni in su. Un’indagine ecografica ha evidenziato il 2.6% di AAA tra i 60 e i 64 anni, il 6% tra i 65 e i 74 e il 9% dopo i 75 anni. Il sesso maschile è colpito in rapporto di 6 : 1 rispetto al sesso femminile.
L’aneurisma dell’aorta addominale sottorenale è quello di più frequente riscontro e la sua incidenza va dall’1.5% (autopsie), al 3.2% (ecografie in pazienti non vascolari), al 5% (ecografie in coronaropatici), al 9.6% (pazienti vasculopatici), al 53% (portatori di aneurisma femoro-popliteo). La patologia è sicuramente in aumento: l’incidenza negli USA è passata dall’8.7 per 100 mila persone/anno nel 1950-60 al 36.5 per 100 mila persone/anno nel 1979 -1980.
Il tasso medio dì crescita annuale del diametro massimo dell’aneurisma è di 0.4 cm ma l’espansione è in funzione del diametro iniziale ed è circa 0.25 cm per quelli inferiori a 4 cm e 0.6 cm per quelli di diametro superiore a 5 cm. L’incidenza per anno di rottura dell’AAA varia dal 4.1 al 19% sulla base del diametro: la curva del rischio di rottura ha una aumentata pendenza quando I’aneurisma supera i 6 cm.
Gli aneurismi aterosclerotici costituiscono circa il 70-80% degli aneurismi dell’aorta addominale. Quelli infiammatori costituiscono il 3,5-10% del totale.
I processi di logoramento e dì lacerazione legati all’invecchiamento sicuramente agiscono sulla solidità dei diversi componenti della parete arteriosa. Inoltre, l’aorta subisce l’impatto di circa 2,5-3 miliardi di battiti cardiaci nell’arco di una vita media, distribuendo in tutto il corpo circa 200 milioni di litri di sangue. Il carico pressorio esercitato sulle sue pareti può causarne il progressivo indebolimento con finale evoluzione aneurismatica.
Diversi studi suggeriscono che l’età, specie al disopra dei 60 anni, gioca un ruolo importante nella dilatazione dell’aorta. Una caratteristica dell’aneurisma dell’aorta sembra essere la familiarità. Tra i fattori di rischio che contribuiscono alla formazione dell’aneurisma ci sono: l’ipertensione, il colesterolo, il fumo, la familiarità, il diabete. Meno direttamente implicati l’obesità e lo stress.
La rottura dell’aneurisma dell’aorta addominale colpisce migliaia di persone ogni anno, per la maggior parte soggetti di sesso maschile di età superiore a 60 anni.
Che cosa sono le vene varicose?
Nelle gambe il sangue scorre all’interno delle arterie (dal cuore alla periferia), portando nutrimento a tutti i tessuti, e delle vene, che veicolano il sangue nella direzione opposta.
Negli arti inferiori sono presenti due sistemi venosi principali: le vene profonde, che riportano la maggior parte del sangue al cuore, e le vene superfi ciali, meno importanti, la cui alterazione può determinare la formazione di vene varicose,o varici. Tutte le vene delle gambe sono fornite di valvole che permettono al sangue di scorrere dal basso verso l’alto. Se le vene si dilatano e si formano le varici, si altera anche il funzionamento delle valvole, il sangue torna indietro e si forma una pressione che sovraccarica le pareti venose quando il soggetto sta in piedi, cammina o è seduto. Sdraiandosi o sollevando i piedi la pressione diminuisce e la sensazione migliora.
Sia i sintomi che il trattamento dipendono dal grado di danneggiamento delle valvole venose, anche se i disturbi provocati dalle vene varicose variano moltissimo da persona a persona.
Le vene varicose si manifestano spesso per la prima volta durante la gravidanza, quando gli ormoni determinano un rilasciamento delle pareti delle vene e il peso dell’utero comprime le strutture venose del bacino. Le persone sovrappeso sono maggiormente soggette allo sviluppo delle vene varicose e ai disturbi provocati dalla sintomatologia che ne deriva. Esiste una certa tendenza alla familiarità nei casi gravi di vene varicose, ma questo non è sempre confermato. Di solito non ci sono cause particolari a cui attribuire questa patologia
Nella maggior parte delle persone, le vene varicose sono completamente asintomatiche e l’unico problema che possono determinare è di natura estetico. Il semplice fatto di avere le vene varicose non è un buon motivo per rivolgersi al medico o richiederne il trattamento. Al di là dell’estetica, i sintomi più frequenti delle varici sono dolore, fastidio e sensazione di pesantezza alle gambe, generalmente più accentuati la sera. Talvolta sono presenti anche gonfi ori alle caviglie.
Questi disturbi non sono gravi sotto il profi lo medico, ma se sono particolarmente fastidiosi possono essere trattati.
Sebbene con il passare degli anni le vene varicose possano peggiorare, questo si verifi ca in genere molto lentamente e la preoccupazione di un aggravamento non è di per sé un buon motivo per il trattamento, in assenza di disturbi.
In alcune persone, l’elevata pressione venosa provoca lesioni cutanee vicino alla caviglia, creando degli aloni bruni, con zone cicatriziali più chiare. È possibile inoltre che si manifestino eczemi (arrossamenti cutanei). Se queste alterazioni peggiorano o se è presente danno cutaneo si possono formare delle ulcere. Le alterazioni cutanee sono invece un buon motivo per rivolgersi al medico o allo specialista.
Altri problemi occasionalmente provocati dalle vene varicose sono le flebiti e il sanguinamento.
La flebite (detta anche tromboflebite) è un’infiammazione delle vene, spesso accompagnata da trombosi (coagulazione del sangue) all’interno della vena malata, che diventa rigida e sensibile. Diversamente da quanto avviene per la trombosi venosa profonda, questo disturbo in genere non è pericoloso e non comporta necessariamente il trattamento delle vene varicose.
Il rischio di sanguinamento successivo a traumi alle vene varicose preoccupa molte persone, ma è molto raro, cessa sempre comprimendo il punto e le vene possono essere trattate successivamente per evitare il rischio di successivi episodi.